Formazione e Consulenza sull'Ambiente, energie rinnovabili e rifiuti

Le imprese green affrontano meglio la crisi

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Con l’undicesimo rapporto greenitaly di fondazione symbola e unioncamere emerge che le imprese green affrontano meglio la crisi. Ben 432 mila imprese italiane negli ultimi 5 anni hanno investito sulla green economy e sulla sostenibilità per affrontare il futuro

Cosa avviene in Italia per la green economy

Dati forse non troppo sorprendenti emergono dal nuovo rapporto rilasciato dalla Fondazione Symbola, che fa il punto della situazione sulla economia verde in Italia all’indomani del recepimento delle Direttive del Circular Economy Package.

In italia sono ben 3,1 milioni i c.d. “lavori verdi”, che rispondono ad una consistenza pari al 13,4% degli occupati.

Come scritto sopra, il dato non deve stupire, in quanto l’Italia è una vera e propria superpotenza nell’economia circolare e ha la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti: il 79%, il doppio rispetto alla media europea.

Qualche dato in più

Sono oltre 432 mila le imprese italiane dell’industria e dei servizi con dipendenti che hanno investito negli ultimi 5 anni (2015-2019) in prodotti e tecnologie green. In pratica quasi una su tre: il 31,2% dell’intera imprenditoria extra-agricola.

Il valore è crescita rispetto al quinquennio precedente, quando erano state 345 mila (il 24% del totale): nel manifatturiero sono più di una su tre (35,8%).

Il 2019 ha fatto registrare un picco con quasi 300 mila aziende hanno investito sulla sostenibilità e l’efficienza (il dato più alto registrato da quando Symbola e Unioncamere hanno iniziato a misurare gli investimenti per la sostenibilità). In questi investimenti fanno la parte del leone l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili insieme al taglio dei consumi di acqua e rifiuti, seguono la riduzione delle sostanze inquinanti e l’aumento dell’utilizzo delle materie seconde.

Tutto questo prima dello shock della pandemia, a cui hanno reagito meglio proprio le imprese più votate al green.

Chi è piu’ green è piu’ resiliente

Secondo il rapporto, nel mese di ottobre 2020 (1.000 imprese manifatturiere, 5-499 addetti) chi è green è più resiliente.

Tra le imprese che hanno effettuato investimenti per la sostenibilità il 16% è riuscito ad aumentare il proprio fatturato, contro il 9% delle imprese non green.

Ciò non significa che la crisi non si sia fatta sentire, ma comunque in misura più contenuta: la quota di imprese manifatturiere il cui fatturato è sceso nel 2020 di oltre il 15% è dell’8,2%, mentre è stata quasi il doppio (14,5%) tra le imprese non eco-investitrici.

Il vantaggio competitivo delle imprese eco-investitrici si conferma in un periodo così complesso anche in termini occupazionali (assume il 9% delle green contro 7% delle altre) e di export (aumenta per il 16% contro il 12%).

Questo anche perché le aziende eco-investitrici innovano di più (73% contro 46%), investono maggiormente in R&S (33% contro 12%) e utilizzano o hanno in programma di utilizzare in misura maggiore tecnologie 4.0.

Nonostante l’incertezza del quadro futuro, le imprese dimostrano di credere nella sostenibilità ambientale: quasi un quarto del totale (24%) conferma eco-investimenti per il periodo 2021-2023.

Dall’indagine emerge chiaramente anche che green e digitale insieme rafforzano la capacità competitiva delle nostre aziende. Le imprese eco-investitrici orientate al 4.0 nel 2020 hanno visto un incremento di fatturato nel 20% dei casi, quota più elevata del citato 16% del totale delle imprese green e più che doppia rispetto al 9% delle imprese non green.

Sostenibilità: è diminuito l’investimento green con il COVID-19?

Molte delle imprese italiane, nonostante la crisi prodotta dal Covid-19, non hanno rinunciato a innovare e scommettere sulla sostenibilità ambientale, anzi, alcune hanno deciso di alzare la posta per essere ancora più competitive e resilienti. Il lavoro di queste imprese spinge il Paese verso le frontiere avanzate della sostenibilità.

Siamo infatti il campione europeo nell’economia circolare e nell’efficienza dell’uso delle risorse.

L’Italia, ci dice Eurostat, è in assoluto il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti: 79%, il doppio rispetto alla media europea (solo il 39%) e ben superiore rispetto a tutti gli altri grandi Paesi europei (la Francia è al 56%, il Regno Unito al 50%, la Germania al 43%). Non solo. Complessivamente, la sostituzione di materia seconda nell’economia italiana comporta un risparmio potenziale pari a 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e a 63 milioni di tonnellate di CO2. Si tratta di valori equivalenti al 14,6 % della domanda interna di energia e al 14,8% delle emissioni climalteranti (2018).

Per ogni chilogrammo di risorsa consumata, l’Italia genera – a parità di potere d’acquisto (PPS) – 3,6 € di PIL, contro una media europea di 2,3 € e valori di 2,5 della Germania o di 2,9 della Francia (mentre la produttività è più elevata nel Regno Unito, 3,9 €/kg, per ragioni anche connesse alla struttura economica meno industriale). Produciamo meno rifiuti: 42,3 milioni di tonnellate per ogni milione di euro, contro il 58,9 della media dei grandi Paesi Ue (e i 59,5 della Germania). L’economia circolare diventa mainstream e tutti i settori ricorrono in maniera più consistente a materiale di recupero, anche nelle produzioni di fascia alta (ad esempi gli agglomerati di quarzite o l’arredamento di design). L’industria italiana del legno arredo è infatti prima in Europa in economia circolare: il 93% dei pannelli truciolari prodotti in Italia è fatto di legno riciclato.

Green economy e settore primario

Con il taglio record del 20% sull’uso dei pesticidi (2011-2018) l’agricoltura italiana si conferma la più green d’Europa, a fronte di un trend opposto in Francia e Germania (forse anche per questo, pur essendo la meno sussidiata, occupa il primo posto in UE per valore aggiunto con 31,8 miliardi di euro).

Siamo il primo Paese europeo per numero di aziende agricole impegnate nel biologico dove sono saliti a ben a 80.643 gli operatori coinvolti (2019). Crescita trainata anche dal mercato interno, che persino durante il lockdown ha mostrato un incremento dell’11% delle vendite di prodotti bio nei supermercati.

L’Italia ha poi il primato comunitario di giovani (gli under 35 alla guida di un’impresa agricola sono oltre 56 mila) e donne in agricoltura (un’azienda agricola su quattro – 28% – è guidata da donne: quasi 210mila imprenditrici).

Green economy e chimica

L’Italia è uno dei campioni mondiali nel campo della chimica verde e sostenibile e delle bioplastiche, soprattutto per quanto riguarda la ricerca e l’innovazione, grazie ad alcuni tra i leader globali che guidano i progressi del settore (come Novamont). E i prodotti di questa nuova chimica sono utilizzati dalle imprese di filiera sempre più numerose, dall’agroalimentare al tessile. Proprio il nostro settore tessile guida la conversione sostenibile della moda: nelle fibre e, appunto, nell’uso di prodotti chimici più sostenibili.

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