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SNPA: come cambia la qualità dell’aria in Italia

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Pubblicata lo scorso 28 gennaio un’anticipazione dei dati SNPA sulla qualità dell’aria in Italia, ed in particolare svelata la concentrazione nell’aria di particolato atmosferico nel corso del 2020, con focus specifico sul PM10. Registrati superamenti del limite giornaliero per il PM10 in 155 stazioni su 534 nel 2020, 400 invece quelle che hanno superato il valore raccomandato dall’OMS.

I punti di rilevamento e i dati registrati in sintesi

I dati provenienti da oltre 500 stazioni di monitoraggio, dislocate su tutto il territorio nazionale, evidenziano che nel 2020 il valore limite giornaliero sul PM10 stabilito dalla legge (50 μg/m3, da non oltrepassare più di 35 volte all’anno) è stato superato nel 29% dei casi, prevalentemente nelle regioni appartenenti al bacino padano (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna); lo stesso indicatore nel 2019 si attestava al 22%.

Che cos’è il PM10?

Il PM10 (materiale particolato aerodisperso di dimensione inferiore a 10 μm), costituisce da sempre una delle componenti dell’inquinamento atmosferico sui cui si concentra l’attenzione, in quanto vari studi epidemiologici sugli effetti sanitari dell’inquinamento atmosferico da particelle, hanno evidenziato associazioni tra le concentrazioni in massa del PM10 e un incremento sia di mortalità che di ricoveri ospedalieri per malattie cardiache e respiratorie nella popolazione generale.

I soggetti ritenuti maggiormente esposti a tali effetti sono in particolare, gli anziani, i bambini, le persone con malattie cardiopolmonari croniche e affette da influenza o asma; su di essi si concentrano incrementi di mortalità e seri effetti patologici a seguito di esposizioni acute a breve termine.

Recentemente l’Italia, anche per i superamenti del limite giornaliero (per gli anni dal 2008 al 2017) è stata condannata dalla Corte di Giustizia Europea (sentenza pronunciata il 10 novembre 2020).

Cosa emerge da una prima lettura dei dati

Da una prima lettura dei dati, tra le ragioni che possono spiegare l’aumento degli sforamenti sul PM10 negli ultimi due anni c’è una minore piovosità, registrata in particolare a gennaio e nel trimestre ottobre-dicembre 2020. In relazione a questo inquinante, quindi, il lockdown legato all’emergenza Coronavirus non ha compensato il quadro meteorologico sfavorevole, anche perchè ha riguardato un periodo dell’anno in cui le concentrazioni di PM10 sono generalmente contenute. Alcune tra le principali sorgenti di particolato, come per esempio gli impianti di riscaldamento a biomassa, le aziende agricole e gli allevamenti, non sono state peraltro interessate dal lockdown e in alcuni casi, al contrario, hanno registrato un aumento dell’attività rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti.

Si conferma perciò la necessità di ridurre le emissioni di PM10, anche per via della recente condanna dell’Italia da parte della Corte di Giustizia europea per gli sforamenti nel periodo 2008-2017, attraverso misure che non riguardino esclusivamente il trasporto su strada, ma anche combustione di biomasse e attività agro-zootecniche.

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