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Con un Audizione al Senato si pone nuovamente in luce la necessità di una disciplina sull’End of Waste (EoW)

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Con un interrogazione parlamentare dello scorso 11 settembre, diretta al Ministero dell’Ambiente, alcuni senatori della Repubblica hanno posto all’attenzione del Ministero dell’Ambiente il tema dell’EoW. Si rende necessaria, secondo gli interroganti, definire la disciplina primaria per fissare le condizioni relative alla cessazione della qualità di rifiuto per i vari flussi omogenei.

Le premesse

L’obiettivo dell’audizione era quello, nell’ottica di promuovere il riciclo dei rifiuti e l’uso efficiente delle risorse con la conseguente riduzione dell’uso delle discariche e dei termovalorizzatori (che rientra tra le finalità delle direttive europee e delle leggi nazionali in materia di rifiuti), di sottolineare la centrale importanza della determinazione dei criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto (cosiddetto end of waste), ai sensi dell’art. 184-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006 (codice ambientale).

Con il c. 1 del suddetto articolo, si definisce questo tale “Un rifiuto [che] cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana”.

la rilevanza del tema: la sentenza del consiglio di stato n. 1229/2018

La questione è di rilevante importanza nel settore economico della gestione dei rifiuti, all’indomani della decisione adottata dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 1229/2018.

Con essa è stato vietato ad enti e organizzazioni interne allo Stato la possibilità, di fatto, di “declassificare” il rifiuto caso per caso (ovvero flusso per flusso omogeneo) in sede di autorizzazione.

Alcuni esponenti del Senato hanno reso evidente come si renda necessario ed urgente, così come recentemente dichiarato dal Ministro in indirizzo, «un intervento normativo che disciplini le modalità alternative all’emanazione di specifici decreti ministeriali e immediatamente utilizzabili sino alla data di entrata in vigore di questi ultimi, attraverso cui istituire meccanismi per la cessazione della qualifica di rifiuto “caso per caso”

Cosa avveniva prima della sentenza del consiglio di stato?

Fino alla suddetta sentenza, gli impianti di riciclo venivano autorizzati con “autorizzazione semplificata”, secondo quanto indicato:

  • nel Testo Unico Ambientale, agli artt 214 e 216, per le tipologie di rifiuti ed i relativi materiali ottenibili previsti dal DM 5 febbraio 1998;
  • dai regolamenti “end of waste” europei su rottami di vetro e dei metalli;
  • dai decreti del Ministero dell’ambiente emanati ai sensi dell’art. 184-ter , comma 2, del TUA, con riferimento al CSS (“combustibile solido secondario”), e al c.d. “fresato di asfalto”).

Al contrario, tutti gli impianti che non rientrano in queste fattispecie, ad esempio quelli per la produzione di granulo o polverino da PFU (pneumatici fuori uso) sono stati autorizzati con autorizzazione ordinaria o integrata, ai sensi degli artt. 208, 211 o 213 del medesimo decreto legislativo dalle Regioni o dalle Province su delega delle Regioni.

Le possibili conseguenze della mancanza di regolamenti “EOW”

Nel corso dell’audizione sono state sottolineate le importanti conseguenze della scelta del Consiglio di Stato. Innanzitutto il primo effetto è quello, formale, per cui tutte le autorizzazioni rilasciate da Regioni e Province nei casi descritti non potranno, alla scadenza, essere rinnovate, mentre nuovi impianti, spesso basati su tecnologie innovative, non potranno essere autorizzati.

La seconda, e più importante conseguenze dell’atto, è, per il futuro, la graduale chiusura di impianti oggi perfettamente inseriti nei processi di riciclo con danni agli imprenditori, perdita di posti di lavoro e interruzione di processi di riciclo, con aumento di conferimento in discarica o inceneritore di rifiuti oggi riciclati, oltre al blocco di molti nuovi investimenti.

Questo atto mette in evidenza una carenza di chiarezza normativa relativa al periodo transitorio in attesa dell’emanazione dei suddetti decreti ministeriali; sebbene il MATTM, con apposite circolari, ha tentato di disciplinare la questione, questa non è mai stata risolta con una opportuna correzione legislativa (si voglia notare che tale approccio è coerente con le disposizioni, sullo stesso tema, di cui alla direttiva (UE) 2018/851, in fase di recepimento che prevede anche le autorizzazioni all’end of Waste “caso per caso”).