L’associazione nazionale Comuni Italiani (ANCI) richiede, con un comunicato, un intervento urgente delle competenti Autorità per chiarire le agevolazioni sulla tassa rifiuti (TARI), ed in generale sulla disciplina dei rifiuti.
Il peccato originale: il recepimento del Circular Economy Package
Con una missiva inviata al Ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, e al Ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco, ANCI mette in evidenza le varie criticità emerse a seguito del recepimento del c.d. “Circular Economy package”, ed in particolare di quanto prescritto con il D. Lgs. n. 116/2020, con il quale viene rivisto l’ordinamento normativo primario del settore rifiuti, intervenendo, secondo l’Associazione, in modo scoordinato nei dispositivi di tariffazione e negli equilibri finanziari del servizio, proprio nel pieno di una crisi pandemica drammatica e mentre sta muovendo i primi passi la regolazione del settore da parte dell’ARERA.
Il focus principale riguarda senza dubbio la grave situazione che si sta profilando sul sistema tariffario e fiscale del servizio rifiuti, che coinvolge l’esigenza di assicurare ai Comuni le risorse necessarie per una robusta riduzione della Tari o della tariffa corrispettiva, basata su criteri uniformi su tutto il territorio nazionale e mirata a dare sollievo alle attività economiche colpite dalle conseguenze dell’emergenza sanitaria tuttora in corso e alle famiglie più esposte per fragilità socioeconomica, strutturale o sopravvenuta con l’attuale crisi.
L’ANCI ha richiesto, con un il comunicato un esplicito intervento del Governo, per evitare che l’attuale situazione del settore rifiuti e le criticità specifiche sopra indicate precipiti in una crisi strutturale. Sono necessarie soluzioni transitorie e a regime, evitando così il tracollo di un settore delicato, attualmente molto differenziato nei diversi territori, ma ovunque fondamentale per la convivenza civile.
I rilievi di ANCI
ANCI richiede innanzitutto che vengano assicurate ai Comuni le risorse necessarie ad erogare il servizio di igiene urbana.
In secondo luogo, diviene urgente assicurare una stabilità e una sostenibilità, all’attuazione delle nuove norme che, per ciò che riguarda gli aspetti tariffari e fiscali, sono state inserite nel decreto legislativo 116 senza la dovuta concertazione con le Autonomie locali, senza alcuna analisi di impatto tecnico-economico e senza alcun coordinamento con lo sviluppo del sistema di regolazione avviato da ARERA, a decorrere dal 2020. Il sistema di gestione dei rifiuti è oggi alle prese con tre diversi versanti di cambiamento:
• l’emergenza epidemiologica;
• l’attuazione degli atti regolatori già emanati da ARERA;
• le modifiche della classificazione di ampia parte dei rifiuti e del connesso prelievo indotta in modo improvvido dal d.lgs. 116.
La regolazione stabilita da ARERA ha introdotto nel sistema tariffario una nuova complessità ed incognite ancora non del tutto chiarite per la corretta formulazione dei Piani economico-finanziari (PEF). I nuovi criteri, ancorati su costi certificati del precedente biennio, non riescono a cogliere appieno l’impatto della pandemia sulla gestione e sui costi del servizio e producono in molti casi una tendenza all’aumento degli oneri, che si traduce inevitabilmente in aumenti tariffari.
Le nuove e improvvisate regole fiscali stabilite dal decreto 116 risultano, se possibile, aggravate da alcuni punti della Circolare MITE, con la conseguenza di riduzioni incontrollate della partecipazione ai costi da parte- in particolare – delle attività economiche maggiori c, quindi, di nuovi aggravi per famiglie e piccole attività.
Appare necessario rinnovare l’indicazione delle criticità relative al decreto 116, giả segnalate al MITE (allora MATTM), in fase di consultazione sulla circolare diffusa in bozza nel mese di febbraio:
• l’esclusione assoluta dei rifiuti prodotti dalle attività industriali, a prescindere dalla loro effettiva natura, esclusione che la Circolare MITE vorrebbe estendere alle attività artigiane, senza alcun fondamento giuridico;
• l’interpretazione, recata dalla stessa Circolare, in base alla quale sarebbero esclusi dalla tassazione tutti i magazzini delle attività industriali, mentre – come confermato da ripetuti pronunciamenti della Cassazione – l’esclusione si limita ai magazzini “funzionalmente collegati” alla produzione industriale, come peraltro espressamente previsto dalla normativa già vigente e non soggetta ad alcuna modifica (art. 1, co. 649, 1. 147/2013);
• la facoltà di non avvalersi del servizio pubblico da parte delle utenze non domestiche, non accompagnata dalla chiara indicazione del fatto che la decorrenza della scelta non può intervenire in corso d’anno 2021, se non a prezzo di squilibri finanziari irrecuperabili nella gestione dei rifiuti;
• il prevedibile incremento dei costi a carico delle attività agricole “per connessione” (agriturismo, attività agro-industriali), i cui rifiuti sono indiscriminatamente qualificati come rifiuti speciali non conferibili al pubblico servizio, costringendo quindi i gestori a reperire analogo servizio dai privati. Si segnala che l’estensione alle attività “connesse” all’agricoltura del regime di esclusione previsto per le attività agricole vere e proprie non trova alcun riscontro nelle direttive europee; la degradazione degli obblighi relativi ai rifiuti gestiti fuori dal sistema pubblico al mero “recupero” di materiali, anziché al “riciclo”, a prescindere dalla quantità di scarti prodotti nel processo di recupero che il sistema dovrà trattare (attraverso conferimento in discarica o incenerimento). Questa interpretazione produce difficoltà nel monitoraggio e- soprattutto – ostacola il raggiungimento degli sfidanti obiettivi europei incentrati, come è noto, esclusivamente sulla quota di riciclo. Va poi segnalato che l’utilizzo diffuso di questo sistema di fuoriuscita dal servizio pubblico genera un concreto rischio di maggiori irregolarità nella gestione di queste frazioni – che renderà necessario un concreto rafforzamento dei controlli – nonché un potenziale incremento degli scarti e delle frazioni non destinate a riciclo. Non può altresì essere sottaciuta, tra le conseguenze di questa scelta, la disparità di trattamento delle imprese pubbliche, obbligate a ben più impegnativi obiettivi di riciclo.
I tre fronti di cambiamento indicati possono generare, nel contesto di una condizione di ingestibilità delle insidiosa e perdurante emergenza, una problematica in gioco, con riflessi di insoddisfazione sociale incontrollata e di depauperamento non compensato delle capacità del sistema pubblico di gestire in modo adeguato un settore fondamentale come quello dei rifiuti urbani.
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