A fine marzo l’Europa ha sanzionato l’Italia, aprendo una procedura di infrazione, a causa della mancata bonifica e chiusura di numerose discariche sul territorio italiano.
Lo scorso 21 marzo la Comunità europea ha aperto una procedura di infrazione per la mancata bonifica e chiusura di 41 discariche sul territorio italiano, considerate da queste come “un grave rischio per la salute umana e per l’ambiente”.
La vicenda
Il problema che affligge l’Italia sul tema delle discariche è sistemico e trae origini da modelli di gestione dei rifiuti che poco corrispondono a quanto la Comunità ci ha richiesto di fare dal 1991 in avanti, anno in cui numerose direttive hanno mutato per sempre la nozione di gestione integrata del rifiuto, inserendo la fase del recupero, e ponendo, al vertice dei principi che devono animare questa attività, quello della prevenzione.
La discarica rappresenta, oltre che una configurazione impiantistica “semplice” da realizzare, la soluzione più economica alla chiusura del ciclo di vita dei rifiuti; ma non è quella preferibile da un punto di vista ambientale, anche alla luce della carenza di materie prime che possono essere sostituite dai rifiuti, opportunamente recuperati.
Le valutazioni negative sulle modalità di gestione del rifiuto in Italia da parte della Comunità, per limitarci ai tempi più recenti, hanno luogo a partire dal maggio del 2017.
In quel mese la Commissione europea ha valutato come illegali ben 44 discariche presenti sul suolo italiano e, tal fine, ha intrapreso un’azione di inadempimento sulla scorta della documentazione prodotta dall’Italia[1].
Nel seguito la Corte di giustizia europea ha proseguito l’azione da questa intrapresa, con la realizzazione di un accertamento riguardante il rispetto della normativa comunitaria ambientale.
Che cos’è una discarica
Come sopra accennato, la discarica è un impianto per la chiusura del ciclo di vita dei rifiuti, qualora tecnicamente e/o economicamente non è conveniente recuperare gli stessi (art. 182, D.Lgs. n. 152/2006), ovvero non è possibile mettere in pratica le azioni previste a tal fine ed indicate nella cosiddetta “gerarchia del rifiuto”.
La normativa vigente (D.Lgs. n. 36/2003, c.d. “Discariche”), distingue tre categorie di impianti (quelli per non pericolosi, pericolosi, ed inerti).
La sentenza della Corte di Giustizia Europea
Proprio in merito a quelle 44 discariche del 2017, la Corte di giustizia europea, lo scorso 21 marzo 2019, ha condannato l’Italia per non averle adeguate alle regole legali imposte dalla Comunità medesima con la Direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti, entro la data di scadenza fissata dalla Commissione UE (19 ottobre del 2015).
Occorre sottolineare come il nostro Paese non sia nuovo a questo problema, avendo già subito una condanna a tal proposito[2].
Ora si rischiano ulteriori pesanti sanzioni pecuniarie se non si interverrà al più presto con le bonifiche, a seguito di questa nuova Sentenza, intervenuta al termine di una procedura di infrazione aperta nel 2012, che aveva poi portato la Commissione UE a deferire l’Italia alla Corte perché il nostro Paese, nonostante i precedenti ammonimenti, aveva omesso di adottare misure per bonificare o chiudere 44 discariche non conformi, come prescritto dall’articolo 14 della Direttiva.
Come tutti gli Stati membri, l’Italia era tenuta a bonificare entro il 16 luglio 2009 le discariche che avevano ottenuto un’autorizzazione o che erano già in funzione prima del 16 luglio 2001 (“discariche esistenti”), adeguandole alle norme di sicurezza stabilite in tale direttiva oppure a chiuderle.
La Commissione aveva accordato all’Italia un termine per avere adeguate risposte in merito fino al 19 ottobre 2015, precisando che la procedura in questione riguardava i cosiddetti obblighi di completamento, ossia gli obblighi di eseguire i provvedimenti che lo Stato membro avesse già adottato per una determinata discarica. Tali obblighi di completamento consistono, a seconda della discarica interessata, o nel porre in essere tutte le misure necessarie alla chiusura definitiva oppure, ove la discarica sia stata autorizzata a continuare a funzionare, nell’adozione delle misure necessarie a renderla conforme alla Direttiva.
Delle 44 discariche, osserva la Corte, 31 non risultavano ancora in regola all’ottobre 2015, per 7 i lavori di adeguamento sono stati completati solo del 2017-2018 e per altre 6 non è stato possibile verificarne la conformità alle disposizioni della Direttiva ovvero i lavori di adeguamento sono stati fatti dopo il 2015.
[1] Si ricorda che, in base a tale indagine, è emerso che l’elenco delle discariche attive dal 16 luglio 2001 e che, che avrebbero dovuto essere dismesse o bonificate nel giro di 8 anni, dunque dal 16 luglio 2009, erano in numero pari a 101, salite a 102 nel maggio del 2011, diminuite a 50 nel 2015, ed infine attestatesi a 44. E 41, rispettivamente nel 2017 e nello scorso anno.
[2] Infatti, nel 2014, L’Italia era stata già condannata al pagamento di una somma forfettaria di 40 milioni di euro e ad una penalità di quasi 43 milioni di euro per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie, per non avere dato esecuzione a una sentenza della Corte del 2007 che aveva constatato l’inadempimento alle Direttive sui rifiuti.