Formazione e Consulenza sull'Ambiente, energie rinnovabili e rifiuti

Con un documento, l’Unione Europea fa il punto della situazione circa i progressi del nostro Paese in tema di sviluppo sostenibile

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Con il documento di lavoro dei servizi della Commissione, Relazione per paese relativa all’Italia 2020, che accompagna il documento comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo, al Consiglio, alla Banca Centrale Europea e all’Eurogruppo per il semestre europeo 2020, la Comunità provvede alla valutazione dei progressi in materia di riforme strutturali, prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici e risultati degli esami approfonditi a norma del regolamento (UE) n. 1176/2011. Vediamo quali sono i progressi fatti registrare dal nostro Paese in tema di sviluppo sostenibile.

Il quadro d’assieme

Con la relazione in esame, la Comunità Europea provvede a comunicare, tramite report periodico, la valutazione circa i progressi dell’economia italiana alla luce della strategia annuale di crescita sostenibile pubblicata dalla Commissione europea il 17 dicembre 2019, ed intende tracciare una nuova strategia relativa alle modalità per affrontare le sfide economiche sia di breve che di lungo periodo. In particolare, la nuova agenda economica per la sostenibilità competitiva viene declinata su quattro livelli, con riferimento alla sostenibilità ambientale, agli aumenti di produttività, all’equità e alla stabilità macroeconomica.

Dalla relazione emerge che, a fronte delle deboli prospettive macroeconomiche e della sfida di garantire la sostenibilità nel nostro Paese, rimane prioritario aumentare la produttività e la crescita potenziale per:

  • ridurre il rapporto debito pubblico/PIL;
  • correggere gli squilibri macroeconomici dell’Italia.

La trasformazione digitale e ambientale dell’Italia, assicurando una crescita sostenibile deve passare per la realizzazione di:

  • riforme strutturali ambiziose;
  • politiche di bilancio prudenti;
  • investimenti ben mirati.

Il rilancio delle riforme dovrebbe assicurare in via prioritaria delle finanze pubbliche sane, una maggiore efficienza della pubblica amministrazione e della giustizia, un miglior funzionamento del sistema di istruzione e del mercato del lavoro, un contesto più favorevole alle imprese e un più solido settore bancario (1 ).

I fondamentali macroeconomici attestano che il nostro Paese fa segnare una crescita molto contenuta, nonostante il graduale miglioramento del mercato del lavoro. Infatti, dopo una crescita del PIL reale dello 0,8 % nel 2018, il PIL è aumentato dello 0,2 % nel 2019 e si prevede che crescerà dello 0,3 % e dello 0,6 % nel 2020 e nel 2021.

Purtroppo per noi, la domanda interna rimane sempre modesta, poiché il reddito disponibile reale rimane sempre al di sotto dei livelli pre-crisi e, contestualmente, il risparmio è aumentato.

Tuttavia, la spesa delle famiglie sarà presumibilmente sostenuta dal nuovo sistema di reddito di cittadinanza introdotto nel 2019 e dal significativo calo dei tassi di interesse. Nonostante vi siano stati segnali di ripresa nel 2019, gli investimenti pubblici restano al di sotto dei livelli pre-crisi. La modesta crescita della produttività sta ancora ostacolando la ripresa economica dell’Italia.

Permane su più fronti il rischio che i risultati siano peggiori delle previsioni, soprattutto per quanto riguarda il contesto del commercio internazionale e la stabilità interna. Pur rimanendo ben al di sotto della media dell’UE, in particolare per le donne e i giovani, il tasso di occupazione ha continuato a crescere nel 2019, trainato dai contratti a tempo indeterminato soprattutto nel Nord.

Lo sviluppo sostenibile in Italia

La Comunità Europa rileva come il nostro Paese stia segnando buoni risultati in tema di sviluppo sostenibile, e ciò viene attestato dalla bontà di alcuni indicatori chiave

In particolare, l’Italia compie passi avanti nella maggior parte degli indici connessi all’obiettivo di sviluppo sostenibile (OSS) 13 (cambiamenti climatici).

Nella Relazione viene ricordato, tra le altre cose, che il nostro Paese:

  • tra il 2005 e il 2018 ha ridotto del 18 % le proprie emissioni di gas a effetto serra in settori non coperti dal sistema di scambio delle quote di emissione (ETS) dell’UE e il totale delle emissioni di gas a effetto serra pro capite, espresso in tonnellate equivalenti, è significativamente inferiore alla media dell’UE; Allo stesso tempo si rileva come lo sforzo maggiore sia stato compiuto dal tessuto imprenditoriale, mentre l’efficienza energetica delle famiglie rimane ancora da migliorare.
  • si colloca sopra la media dell’Unione per quanto riguarda l’OSS 12 sulla produttività delle risorse (90) (3,2 EUR/kg contro 2,04 EUR nel 2018) e per gli investimenti nell’economia circolare;
  • sostiene la transizione verde: viene evidenziato come il Belpaese sia piuttosto avanti nell’integrazione delle considerazioni di natura ambientale nel bilancio e nel monitoraggio dei progressi verso la sostenibilità ambientale (sezione 4.1). Tra le iniziative intraprese, si ricordano:
  1. il piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC) ed il Green new Deal italiano, i quali costituiscono progressi positivi che offrono un sostegno strutturale alla transizione verde;
  2. la revisione del piano d’azione del 2013 sugli appalti pubblici verdi [1];
  3. il programma Transizione 4.0 e l’iniziativa “Industria sostenibile” (92)[2], che possono favorire ulteriormente le imprese negli investimenti verdi;
  4. la creazione di un fondo specifico sosterrà gli investimenti nell’economia verde, anche mediante garanzie pubbliche;
  5. il nuovo fondo supplementare per gli investimenti delle amministrazioni centrali (con una dotazione di circa 20 miliardi di EUR nel periodo 2020- 2034) può inoltre promuove l’economia verde, in particolare favorendo la decarbonizzazione, la riduzione delle emissioni, l’efficienza energetica e la sostenibilità ambientale. Anche il nuovo fondo supplementare per le amministrazioni locali può contribuire a tal fine.

L’Europa, però, ci richiede di:

  • sfruttare meglio le sinergie tra i settori e le politiche;
  • promuovere un uso delle risorse pubbliche che sia efficiente sotto il profilo dei costi.

A tale proposito, il sistema di governance altamente decentrata in Italia continua a costituire una sfida.

C’è da registrare la maggiore propensione “green” delle nostre imprese, con alcune riserve. Infatti, se da un lato nel 2017 il 56 % delle imprese manifatturiere ha adottato una qualche forma di misure di tutela ambientale, d’altro canto di queste:

  • solo il 15,7 % programmava di internalizzare i costi ambientali
  • solo il 13,4 % programmava di continuare a investire nell’economia circolare (ISTAT, 2018).

Tra il 2015 e il 2016 gli investimenti delle imprese nella tutela ambientale:

  • sono aumentati del 2,3 %, principalmente grazie alle PMI (+12,9 %);
  • mentre per le grandi imprese si è osservata una riduzione (-0,4 %) (ISTAT, 2019).

Nel 2017 la percentuale di PMI che offrivano prodotti e servizi verdi era inferiore alla media UE (16 % rispetto al 25 %) (Commissione europea, 2019).

Gli effetti positivi della “green transition”

Gli ecoinvestimenti contribuiscono all’andamento delle esportazioni: il 51 % delle imprese che hanno investito nell’ecoinnovazione ha infatti incrementato le esportazioni nel 2018, rispetto al 38 % di quelle che non l’hanno fatto (Symbola e UnionCamera, 2019).

La comunità europea ritiene che la transizione “verde” sarà in grado di incidere positivamente a livello sociale se opportunamente sostenuta.

Altro dato positivo è quello del numero di Aziende impegnate nella transizione: si rileva che le “ecoindustrie” e i posti di lavoro verdi sono in aumento in Italia e nel 2017 rappresentavano il 2,3 % del PIL: in particolare, è maggiore il valore aggiunto prodotto da quelle impegnate nel settore dell’energia (60 %), seguito da quello dei rifiuti (circa il 20 %) e dell’acqua (circa l’8 %).

Dal 2015 il tasso di crescita più elevato (+28 %) è stato registrato per l’agricoltura biologica e la gestione dei rifiuti (ISTAT, 2019). Il numero di persone impiegate nel settore dei beni e dei servizi ambientali è cresciuto a ritmo sostenuto raggiungendo quota 386 000 nel 2016. La UE ritiene che la transizione verde:

  • porterà, presumibilmente, a una creazione netta positiva di posti di lavoro …
  • … ma richiederà una significativa ridistribuzione della forza lavoro tra tutti i settori.

Sarà pertanto fondamentale investire nelle strategie tese a migliorare il livello delle competenze e ad anticipare quelle necessarie per favorire la riqualificazione dei lavoratori.

Le misure volte a promuovere l’efficienza energetica potrebbero inoltre migliorare l’accesso all’energia a prezzi abbordabili (OSS 7) in quanto la percentuale della popolazione che non riesce a riscaldare adeguatamente la propria abitazione resta molto elevata (14,1 % nel 2018).

La transizione da “brown” a “green economy”

Un paragrafo della Relazione viene dedicato, infine, alla passaggio dall’economia basata su fonti fossili a quella su fonti di energia rinnovabili.

In particolare, viene evidenziato come il Fondo per una transizione giusta possa essere in grado di sostenere la transizione industriale verso la riduzione dell’uso del carbone. In Italia le attività connesse al carbone sono molto limitate, ma rappresentano una fonte significativa di emissioni di gas a effetto serra e sono concentrate in alcune aree.

Le uniche risorse di carbone oggetto di sfruttamento (da Carbosulcis SpA) si trovano in Sardegna e sono ubicate in un contesto socioeconomico sfavorevole. In Puglia esiste un’acciaieria (ILVA) che conta 10 000 dipendenti (il doppio se si considera l’indotto). Nella stessa area è ubicata anche una delle maggiori centrali a carbone d’Italia.

L’economia della zona dipende in larga parte dalle centrali a carbone e dalla produzione di ferro/acciaio, che sono fonti significative di emissioni di gas a effetto serra.

Alcune misure potrebbero sostenere le PMI e la riconversione professionale con una strategia locale integrata che includa la decontaminazione e la riqualificazione urbana. Per realizzare la transizione verde in Italia è fondamentale migliorare l’efficienza energetica nel settore edilizio, promuovere i trasporti sostenibili, favorire l’economia circolare nelle regioni caratterizzate da un ritardo nello sviluppo e prevenire i rischi climatici.

Gli investimenti nell’efficienza energetica degli immobili (residenziali) sono necessari per raggiungere gli obiettivi in materia di cambiamenti climatici e quelli nei trasporti sostenibili possono contribuire a ridurre le emissioni di gas a effetto serra e migliorare la qualità dell’aria.

Lo sviluppo dell’economia circolare varia notevolmente tra le regioni, e alcune sono state multate per violazioni della normativa dell’UE.

L’Italia potrebbe infine ridurre le spese emergenziali dovute a catastrofi naturali rafforzando la prevenzione dei rischi.

[1] Per 18 gruppi di prodotti sono stati pubblicati criteri ambientali minimi

[2] Decreto ministeriale 2 agosto 2019 – Bandi grandi progetti R&S a valere sulle risorse FRI.